Il “mestiere dell’Architetto”
di Fabio Bruno - 07 Dicembre 2022
Quello dell’architetto è un “mestiere” strano, difficile ma al contempo meraviglioso.Basato sulla conoscenze ed il sapere, l’architetto ha grandi
responsabilità, svolge la funzione di guida, determina l’armoniosa combinazione degli ingredienti, con l’obbligo ed il dovere di far vivere bene, nel
“bello”.
L'Architetto deve essere psicologo e saper capire i propri clienti, tecnico per applicare la buona regola legata all’ “Arte del costruire”, controllare e
verificare che i vari soggetti coinvolti adottino il giusto “modus operandi”. Tale pensiero, presuppone alla sua base quale elemento strutturante,
l’obbligo doveroso di noi architetti di fare del nostro meglio, a prescindere dalle condizioni; di “mettercela tutta” per creare qualcosa che esprima
valori e principi necessari al corretto costruire (inteso quale insieme di tecniche), abitare (inteso non solo come “rifugio” ma nel senso di vivere
socialmente dei luoghi), questo è a nostro avviso l’obbligo morale e sociale legato al “mestiere dell’architetto”. Il nostro lavoro, sempre più spesso,
viene concepito e banalizzato come semplice pratica del “fare”, magari tecnicamente interessante e pregevole (e quando cio’ avviene si tratta già di
un importante risultato), raramente però si tende a raggiungere o fissare quale obiettivo quello di fare architettura con tutte le implicazioni di carattere
sociale e morale, quando va bene si assiste alla progettazione del bel “disegno” e realizzazione di una bella costruzione il tutto però in un ottica di
autocelebrazione, dimenticando o mettendo in secondo piano il carattere Morale e Sociale che implica.
L’architetto deve essere una "guida", il suo
compito aulico deve essere quello di "inventare", "creare", "plasmare", "costruire": il fare tecnico ma anche l'arte, il fare manuale ma anche
l'artigianato.
Nella mia vita ho sempre sperato e sognato di poter operare e realizzare qualcosa per gli altri, di lasciare qualcosa per chi verrà dopo, ho anche
pensato che tale pensiero e approccio fosse profondamente ”egoista”, nel senso di ricercare legittimazione e autocelebrazione nel “lasciare un
segno” … tuttavia ritengo che questo “modus operandi” abbia in se un potenziale sociale e morale da applicare al “lavoro” che ognuno di noi
compie, finalizzato … al “dare”…